Abbiamo già visto in precedenza, come anche per quanto riguarda gli infortuni e le malattie professionali, l’età è una componente che gioca un ruolo di rilievo. Nell’Unione Europea “tra il 2019 e 2030 i lavoratori di età tra compresa tra i 55 e 64 anni aumenteranno del 16,2% mentre i più giovani diminuiranno. La popolazione lavorativa europea sarà la più anziana della storia, ed in molti paesi la popolazione lavorativa anziana sarà oltre il 30% della forza lavoro, senza contare che, il tasso di impiego tra 55 e 64 anni è inferiore al 50% e che oltre la metà dei lavoratori anziani abbandonano prima dell’età di pensionamento obbligatorio per diverse ragioni.
Aumentando l’età lavorativa, aumenta anche la possibilità che i rischi influiscano in modo più incisivo sui lavoratori. Esistono alcuni rischi in particolare, che devono essere monitorati e ridotti per evitare conseguenze rilevati sulla salute dell’individuo:
- movimentazione manuale dei carichi, sovraccarico degli arti superiori e posture;
- microclima severo;
- rumore e vibrazioni;
- illuminazione e segnaletica visibile;
- infortuni da caduta, scivolamento, inciampo;
- orari e turni notturni;
- aspetti psicosociali e fattori di contesto e di contenuto del lavoro, inerenti lo stress da lavoro correlato.
A fronte del problema di invecchiamento della forza lavoro, proviamo a mettere a fuoco quali possono essere i fattori che incidono su tale processo:
- l’invecchiamento medio della popolazione, che non vede il subentro di nuove generazioni a causa della crisi del mercato del lavoro (il denaro necessario alla sopravvivenza supera quasi lo stipendio di un lavoratore medio);
- l’aumento dell’età di pensionamento, non aiuta il subentro nei posti di lavoro da parte dei giovani;
- la continua erosione della pensione, il costo vita, la facile disoccupazione del coniuge o dei figli, non permettono di abbandonare facilmente un posto di lavoro, nonostante l’età lo potrebbe consentire.